Cara Virginia,

ormai è mezzanotte passata. L’aria è calda, ma per fortuna non è ancora afosa. Come ben sai, detesto l’estate.  La trovo opprimente. Fosse per me, vivrei sempre in inverno.

Odo nelle vicinanze il rassicurante canto di una civetta bianca che si sarà sicuramente posata su qualche ramo degli alberi nel giardino dei vicini o sulla quercia davanti casa che mi ha visto crescere.

Ecco che la luna piena fa capolino dalla finestra del salotto. Mi fa sentire ancora viva, mi fa ancora sperare, dopotutto.

Negli ultimi tempi, di speranza ne ho intravista ben poca.  Ho perso i miei amati amici animali, ho perso dei nonni, ho perso la salute. Per me è stato l’inferno.

Tutti pronti a minimizzare il mio dolore, tutti pronti a ignorarlo, tutti pronti a giudicare. Ma il dolore era mio ed era reale.

Non c’è stato nessuno che mi abbia consolata.

Non c’è nessuno che abbia compreso le mie paure. Le mie lacrime e i miei tremori sembrano essere invisibili a tutti.

Cosa mi riserverà il futuro? Al momento so solo che un confuso cumulo di nubi grigie mi attende in un angolino per tendermi un agguato. La mia anima è in tumulto.

Pensare che anni fa ero una sognatrice incallita. Oggi, a quasi trentasei anni, dove prima intravedevo possibilità e occasioni, ora vedo solo problemi e tormenti.

Le mie uniche consolazioni e passioni sono i libri, la scrittura e i miei adorati animali. La lettura, soprattutto dei classici, mi ha sempre confortata molto.  Ritengo di essere nata in un’epoca sbagliata. Ho sempre sentito dentro di me di appartenere al passato. Ecco perché ho scelto di studiare Scienze storiche.

Tra le pagine dei libri ho sognato di passeggiare nella selvaggia brughiera inglese delle sorelle Brontë; ho sognato di visitare la stanza di Emily Dickinson e ho sognato di vedere il tuo amato giardino a Monk’s House ove riposano le tue amate spoglie.

So che stai per contraddirmi e hai ragione. Perché tu sei ovunque: sei nel cielo azzurro che ci accoglie al mattino; sei nell’allegro cinguettio degli uccellini, sei negli alberi che crescono; sei nei fiori che nascono nei giardini e nei boschi, ma anche in quelli dimenticati nell’orrido cemento, quei poveri fiori che non vengono amati, né apprezzati da alcuno. Eppure ci sono, esistono, e continuano a fiorire, nonostante le avversità. Io ero una di quei pochi che li scorgeva e li sapeva apprezzava. O almeno lo ero. Ora non so più chi sono.

La sognatrice che è in me è ancora viva, da qualche parte, lo sento, ma sta boccheggiando sempre di più per respirare in queste acque sempre più profonde e agitate. Non so quanto resisterà. Non so quanto ancora resterà a galla. Temo che alla fine affonderà. È il suo destino, è inevitabile, lo so bene, ma io farò di tutto per tenerla in vita il più possibile, come hai fatto tu.

Ho sempre ammirato la tua brillante intelligenza, il tuo talento letterario e la tua immensa forza interiore. Credo che la vita sia un dono, ma talvolta può tramutarsi in un orribile inferno, in un incubo senza fine.

Hai scritto opere memorabili. Le tue parole sono impresse a fuoco nella mia mente.

Vorrei disporre anch’io di una stanza privata nella quale scrivere in tutta tranquillità; vorrei possedere del denaro per poter essere finalmente libera e indipendente; vorrei avere un giardino tutto mio, folto e rigoglioso, nel quale piantare tantissimi alberi e fiori, senza chiedere a nessuno il permesso.

Al momento non ho nulla di tutto ciò e, francamente, non so se lo avrò mai. Ho una stanza, ma non la sento davvero mia, non ho neanche un vero scrittoio su cui scrivere. Non ho denaro. Nonostante due lauree che mi sono costate sangue e fatica, non riesco a raggiungere l’indipendenza economica. Dipendere sempre dai capricci e dalle tasche altrui non è affatto piacevole, né sano. 

Mi sento prigioniera. Vorrei assaporare un po’ di libertà. Ma esiste davvero la libertà?

L’uomo è nato libero ma dovunque è in catene, affermava saggiamente Jean-Jacques Rousseau. A volte mi sento soffocare. Cerco una via d’uscita, ma non la trovo da nessuna parte. Sono tutti pronti a dirmi chi sono, ad enfatizzare i miei difetti e a ignorare i miei pregi che temo di aver ormai perso la speranza nel genere umano.

Ho appurato personalmente che la gente cattiva, arrogante e superba vive sempre a lungo. Le persone pure, oneste e buone invece muoiono presto, ma restano nel cuore di chi le ha sapute amare. Spero anch’io di restare nel cuore delle persone.

L’altra notte una lucciola è entrata per caso in camera mia. Non sai che gioia mi ha dato! Negli ultimi anni ne ho viste sempre di meno, probabilmente a causa delle temperature sempre più afose. Le lucciole risvegliano la bambina che è in me, perché profumano di fiabe e magia. Spesso mi sento come una lucciola intrappolata nell’oscurità. Continuo a dibattermi in quella ragnatela oscura per tentare di liberarmi, per far sì che quella tremolante luce dentro di me continui a palpitare.

Mi manca tanto il mio nonno paterno, Armando. Ѐ stato l’unico a credere in me. Voleva che studiassi, che diventassi importante. Io non mi sono mai sentita importante e non mi ci hanno mai fatto sentire gli altri. Talvolta, per qualche attimo, mi sento importante solo per qualche micio o cagnolino sconosciuto che accarezzo per la strada o per gli asinelli e i cavalli che vado a trovare ogni tanto, portando loro in dono delle carote.

Amo i luoghi solitari e la campagna. Il mio nonno materno, Giuseppe, amava profondamente la solitudine, tanto che ha sempre abitato nella sperduta campagna marchigiana. È un luogo meraviglioso. Mi perderei in quelle ondulate colline, in quei campi infiniti e in quei fossati ricoperti da morbidi pioppi e rovi selvatici. Stranamente mi sono sempre sentita accolta dalla natura e dagli animali, mentre mi sento sovente un’intrusa con gli umani. Forse sono davvero un’intrusa in questo mondo e in quest’epoca.

Non ho mai avuto un vero amico umano. Mi sento serena solo quando passeggio per i sentieri alberati e le stradine sterrate di campagna con Blacky, il cagnolino di mio nonno, o quando leggo un libro o guardo un film in casa.

Le mie gioie sono piccole, semplici, banali e monotone, ma le difendo strenuamente perché so che da un giorno all’altro tutto potrebbe mutare. Niente dura per sempre e questo mi fa dannatamente paura. Vorrei tenere sempre con me ciò che amo e invece, puntualmente, mi sfugge dalle mani. Voler controllare il domani è come tentare di afferrare l’acqua a mani nude.

Concludo questa mia missiva notturna sperando che, dovunque tu sia, possa leggere le mie parole. Ti ho fatto entrare nel mio animo, perché tu, con le tue parole, mi hai accolto nel tuo.

Battere le ali contro la tempesta avendo fede che dietro questo tumulto splenda il sole.

Tua,

Sara Staffolani

 

Racconto di Sara Staffolani, pubblicato sull’antologia “Racconti di libertà“, volume 3, Historica Edizioni, maggio 2023.

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